Periodo Kamakura (1185-1333)
I Minamoto avevano scelto Kamakura (una piccola città del Kantō, a sud dell’odierna Tōkyō) come quartier generale e base militare nella guerra contro i Taira.
Terminato il conflitto con la propria vittoria, Minamoto no Yoritomo scelse di rimanere a Kamakura per non perdere il contatto con i suoi alleati; su tale rapporto si basava, infatti, il suo potere.
Nel 1192 si fece nominare Shōgun (generale supremo dell’esercito o, più enfaticamente, generalissimo) dando vita ad un’istituzione destinata a durare fino alla restaurazione Meiji.
In origine il titolo di Shōgun veniva attribuito in via temporanea ai generali incaricati di spedizioni militari contro le popolazioni Ainu (definiti “i barbari del Nord”), ma con Yoritomo il titolo divenne permanente ed i poteri ad esso associati crebbero notevolmente. Allo Shōgun venne inoltre concesso il privilegio di poter trasmettere la propria carica per via ereditaria.
Yoritomo, dopo aver confiscato le terre dei vinti, le distribuì ai propri compagni d’arme e si assicurò il controllo anche sui rimanenti shōen tramite funzionari militari (Jitō) da egli stesso nominati e che avevano il compito di amministrare i territori per conto dei nobili che risiedevano alla corte di Heian e di altri proprietari lontani.
Anche i funzionari militari erano soggetti ad una forma di controllo che veniva esercitato da sovrintendenti provinciali che riferivano direttamente allo Shōgun.
Con il periodo Kamakura inizia il periodo medioevale della storia giapponese. In effetti notevole è l’analogia tra il rapporto personale che intercorreva tra lo Shōgun e i suoi sottoposti e quello tra i signori feudali e i loro vassalli nel Medioevo europeo.
A differenza di quanto avvenne in Europa però in Giappone, quantomeno nelle sue prime fasi, la struttura feudale non sostituì completamente la struttura burocratica del governo centrale ma si affiancò ad essa creando un doppio sistema di potere, con due centri distinti nella corte imperiale di Heian e nel nuovo bakufu (governo della tenda) di Kamakura. Entrambi avevano propri sistemi amministrativi, legislativi e tributari.
Questo dualismo di potere politico continuò per tutto il periodo Kamakura, formalmente senza attriti in quanto le due strutture avevano in teoria ambiti di potere distinti e ben definiti (l’Imperatore aveva giurisdizione sui civili e lo Shōgun sui militari); in pratica però il governo shōgunale andava diventando sempre più importante e quello imperiale diventava puramente nominale.
Inoltre i funzionari del bakufu cominciarono a dirottare verso le casse proprie e dello Shōgun una parte sempre maggiore delle rendite che precedentemente spettavano alla nobiltà di corte, tanto che verso la fine del periodo Kamakura e l’inizio del periodo Ashikaga il 50% delle tasse venivano assorbite dai jitō.
Naturalmente questo comportò il progressivo impoverimento della corte imperiale ed il conseguente indebolimento del potere economico e militare, che raggiunse il culmine all’inizio del periodo Ashikaga, quando tutto il potere politico effettivo passò nelle mani dello Shōgun e la figura dell’Imperatore fu relegata ad un ruolo puramente rappresentativo.
La reggenza Hōjō
Il potere dei Minamoto era però destinato a morire con il suo artefice. Yoritomo infatti, per timore di rivalità familiari, aveva fatto uccidere molti dei suoi parenti tra cui lo stesso fratello minore Yoshitsune a cui doveva in buona parte la sua vittoria sui Taira.
Alla morte di Yoritomo, avvenuta nel 1199, gli successe il figlio Yoriie che era ancora minorenne; di questo fatto approfittò suo zio Hōjō Tokimasa che si fece nominare reggente (shikken) del ragazzino.
Nel 1219 morì Minamoto no Sanetomo, l’ultimo discendente di Yoritomo, ma la famiglia Hōjō continuò a detenere la carica di shikken e di fatto esercitò il potere effettivo in Giappone per circa 130 anni.
Nel 1221 venne organizzata una rivolta contro il bakufu e la famiglia Hōjō nel tentativo di ristabilire il potere imperiale, ma venne sconfitto dall’esercito dello Shōgun che in questo modo estese il proprio potere anche alla parte occidentale del Giappone, stabilendo una sede del bakufu anche all’interno di Kyōto per poter avere un maggior controllo sulla corte imperiale.
Nel 1232 il regime shōgunale fu istituzionalizzato con la promulgazione del codice Jōei, che regolamentava i doveri dei feudatari nei confronti dello shōgun e fissava semplici norme di diritto amministrativo e penale.
Intanto, nel continente asiatico, l’Impero Mongolo aveva raggiunto un’estensione impressionante inglobando quasi tutta l’Asia continentale fino ai confini dell’attuale Ungheria.
Nel 1215, con la conquista di Pechino l’Impero Mongolo diede inizio alla successiva riunificazione, completata nel 1271, di tutta la Cina sotto il proprio dominio, con la fondazione della dinastia Yuan.
Nel 1266 Kubilai Khan cercò di annettere al suo impero anche il Giappone e vi inviò un’ambasceria per chiederne la sottomissione, ma questa fu respinta.
Nel 1274 venne quindi organizzata un’invasione con una flotta di mille navi e 40 mila uomini. Gli invasori cercarono di sbarcare nel nord dell’isola di Kyūshū, ma un uragano distrusse l’intera flotta e l’esercito decimato dovette ritornare in Cina. Ma i Mongoli non si arresero.
Dopo una nuova ambasceria respinta dai Giapponesi, prepararono un nuovo colossale attacco: nel 1281 una spedizione di 140 mila soldati con 4000 navi raggiunse il Giappone.
L’esercito giapponese messo a dura prova dalle forze di occupazione venne salvato ancora una volta dalle forze della natura, un nuovo uragano infatti annientò deifinitivamente la flotta mongola.
Solo la morte di Kubilai Khan, nel 1294, fece desistere l’Impero Mongolo dalla terza spedizione, già in progetto.
Lo sterminio degli Hōjō
La difesa dai tentativi di invasione da parte dei Mongoli aveva prostrato il paese.
Lo sforzo sostenuto per fornire l’esercito di uomini, rifornimenti ed armi aveva avuto pesanti ripercussioni sui feudi.
Ricordiamo inoltre che il conflitto, puramente difensivo per l’esercito giapponese, non aveva portato alla conquista di nuovi territori, né all’accaparramento di bottini di guerra.
Questa condizione accentuò l’allentamento dei legami di fedeltà personale tra i feudatari e lo Shōgun poiché quest’ultimo non poteva in alcun modo ricompensare i propri alleati.
All’inizio del XIV secolo al malcontento dei vassalli verso il bakufu e la famiglia Hōjō si aggiunse anche il malcontento del clero che sosteneva di aver avuto una parte determinante nella vittoria suscitando contro i barbari il kamikaze [letteralmente: “vento divino”] che aveva debellato la flotta mongola.
In questa situazione trovò terreno fertile l’Imperatore Go-Daigo, salito al trono nel 1318, che ebbe un grande seguito tra i vassalli quando attaccò lo Shōgun nel tentativo di ristabilire il potere imperiale.
Nel 1324, durante la prima fase del conflitto, l’esercito imperiale venne sconfitto e nel 1331 l’Imperatore stesso venne catturato e confinato nell’isola di Oki.
Nel 1332 però Go-Daigo riuscì a tornare in Giappone e a radunare ingenti forze tra i vassalli che nel frattempo si erano ribellati ai propri reggenti.
Nel 1333 un vassallo dello Shōgun passato ai servizi dell’Imperatore, Ashikaga Takauji, entrò a Kyōto e rimise sul trono Go-Daigo mentre un altro grande feudatario, Nitta Yoshisada, sterminava la famiglia Hōjō e distruggeva Kamakura, ponendo fine all’omonimo periodo.