Il periodo Nanbokuchō (1333-1392)
Dopo la distruzione di Kamakura Go-Daigo trovò rifugio tra i monti di Yoshino iniziando quella che passerà alla storia come la “dinastia del Sud”.
Nel contempo Ashikaga Takauji, al fine di tenere sotto controllo la corte imperiale, (o “dinastia del Nord”) decise di trasferire la sede del bakufu a Kyōto.
Il clan Ashikaga non disponeva di forze militari proprie né di possedimenti terrieri rilevanti. Per tale motivo la sopravvivenza dello shōgunato Ashikaga dipendeva pesantemente dalla tenuta di importanti e precise alleanze strette grazie ad un’intensa attività diplomatica. Con Ashikaga Takauji nasce un vero sistema feudale. Infatti la conduzione degli shōen (possedimenti terrieri) e le rendite relative vengono sottratte alla nobiltà e ai jitō (amministratori locali nominati dallo shōgunato) per passare sempre più in mano agli shugo (sovrintendenti militari) che, per tale motivo, vengono identificati come shugo daimyō (proprietari e signori).
Fu proprio grazie all’acume politico e diplomatico di Yoshimitsu, terzo shōgun Ashikaga, che lo shōgunato riuscì a mantenere il controllo degli shugo centrali, nonostante perdesse progressivamente il controllo su quelli periferici, e ad assicurare la pace al paese. Lo scisma che per oltre 50 anni fece coesistere due diverse corti imperiali, terminò proprio per merito di Yoshimitsu che riuscì a convincere l’Imperatore di Yoshino (della dinastia del Sud, quella cui gli storiografi attribuiscono la legittimità nella discendenza) a rendere le insegne imperiali alla corte di Kyōto.
Yoshimitsu viene ricordato anche per il Kinkakuji (o “Padiglione d’oro”), una villa che fece costruire a Kitayama (a nord di Kyōto) e che, dopo la sua morte, venne trasformata in convento buddhista.
Il periodo Muromachi (1392-1573)
Nel periodo che prende il nome dal quartiere di Kyōto dove, dal 1378, vennero trasferiti gli edifici governativi, lo shōgunato Ashikaga perde progressivamente la capacità di controllare e guidare il Paese.
Se da un lato l’ascesa al potere di Yoshimasa, ottavo shōgun Ashikaga, raffinato esteta ma mediocre uomo politico, fu accompagnata dallo sviluppo culturale, stimolato anche dai contatti con la Cina dei Ming, dall’altro fu caratterizzata dall’imposizione di pesanti tasse e dal conseguente impoverimento degli strati più deboli della popolazione.
I contadini, esasperati, organizzarono ripetute rivolte.
Nel 1467, l’esasperazione delle rivalità tra diversi daimyō e le conseguenti mire espansionistiche da tempo represse provocarono lo scoppio di una guerra civile che durò oltre dieci anni e prese il nome di “tumulti dell’era Ōnin”. La brama di lusso della corte di Yoshimasa culminò, nel 1474, con la costruzione del Ginkakuji ( o “Padiglione d’argento”) sulla collina di Higashiyama alla periferia di Kyōto, con la quale lo shōgun volle imitare i fasti del suo predecessore Yoshimitsu.
Alla fine della guerra Ōnin il Giappone non aveva più alcun potere centrale. Lo shōgunato Ashikaga esisteva ancora, ma aveva una valenza esclusivamente formale in quanto non era in grado di esercitare alcun potere reale, né politico né economico.
Di fatto ogni feudo era diventato un centro di potere indipendente con propri funzionari, proprie leggi (i cosiddetti “codici della Casa”) e un proprio esercito.
All’inizio del XVI secolo esistono in Giappone circa 250 staterelli indipendenti, di cui solo una trentina rappresentavano realtà militarmente ed economicamente rilevanti. Questo periodo, uno dei più bui della storia giapponese, passerà alla storia con il nome di “Sengoku jidai” (periodo degli stati in guerra).
La corte imperiale raggiunge in questo periodo uno stato di decadenza estrema.
Da ricordare anche che nel 1542 i primi commercianti e missionari gesuiti portoghesi arrivarono nell’isola di Kyūshū, ed introdussero in Giappone il Cristianesimo e … le armi da fuoco.
Nonostante la ferma opposizione dei Buddhisti molti daimyō del Giappone occidentale accolsero favorevolmente il Cristianesimo.
Il Gesuita Francisco Xavier iniziò una missione nella stessa Kyōto nel 1549-50.